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Sport e stranieri: Arezzo contro il cartellino “grigio” della burocrazia

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Gianni Rivera: serve meno formalità e maggiore attenzione all’interesse delle persone

Sono nati in Italia, ci vivono e fanno sport. Ma hanno i genitori stranieri e al momento della gara, per loro, scatta il cartellino rosso. O meglio: quello grigio della burocrazia che li  costringe ad un’altra, stavolta estenuante e poco divertente gara contro codici e uffici.

Alla vigilia della giornata mondiale del migrante, il Comune di Arezzo insieme a Città del Dialogo e Casa delle Culture, ha quindi organizzato un’iniziativa di sensibilizzazione sul tema della cittadinanza attraverso lo sport. L’incontro, che si è svolto stamani nel palazzo comunale di Arezzo, è stato patrocinato da Coni, Uisp, ufficio di Venezia del Consiglio d’Europa, Ana e Unar.

Lo ha introdotto l’assessore all’integrazione del Comune Stefania Magi: “ il seminario è un’ occasione per celebrare con le città del Network delle Città del Dialogo, la Giornata Mondiale del Migrante e si pone il duplice obiettivo di sensibilizzazione sul tema della cittadinanza attraverso lo sport e sulla  modifica delle regole per rimuovere le discriminazione nell'accesso allo sport dei ragazzi stranieri. L'idea nasce da alcune semplici considerazioni. In Italia risiedono circa 1 milione di minori stranieri, 700.000 nati in Italia, moltissimi qua fin da molto piccoli. Di fatto sono italiani, ed amano il calcio e lo sport nella stessa misura degli altri ragazzi italiani. La cittadinanza italiana è attribuita soltanto ai minori che hanno un genitore cittadino italiano. Gli altri devono attendere la maggiore età per richiederla. I meccanismi di tesseramento di ragazzi che non hanno la cittadinanza italiana nelle società sportive sono farraginosi e spesso inefficaci, e di fatto li escludono da gran parte delle competizioni dei loro coetanei: è frequente vedere un ragazzo allenarsi con impegno e risultati, e poi non giocare in partita o non poter partecipare alle competizioni. Questo da un lato costituisce un'importante discriminazione, e dall'altro impoverisce lo sport nostrano di talenti ed introiti. Siamo fortemente impegnati nel modernizzare le regole per la cittadinanza. Ci arriveremo, ma nel frattempo a quanti ragazzi impediremo di giocare a calcio o di fare sport agonistico? Invitiamo le federazioni a trovare, insieme a noi, soluzioni per tesserare i minori stranieri: rimuoveranno discriminazioni ed accresceranno i loro vivai”.

E’ poi intervenuto l’assessore allo sport del Comune, Marco Donati, sottolineando come “ le comunità possono crescere se troviamo risposte adeguate  ai temi di cui parliamo oggi. Anche ad Arezzo ci sono tante associazioni di cittadini stranieri: sono esperienze significative che caratterizzano anche lo sport. La piena cittadinanza e l’integrazione concreta sono una scommessa per il futuro che dobbiamo vincere”.

 

Insieme ai rappresentanti di istituzioni, scuole e mondo sportivo ha portato il suo contributo anche Gianni Rivera, Presidente Nazionale Settore Giovanile e  Scolastico Figc: “ho questo incarico dal 4 agosto 2010 e da allora ho fatto molte proposte alla Federazione per avere norme di maggiore salvaguardia dei ragazzi che fanno attività sportive. C’è  un grosso problema che esiste nel calcio ed è legato alla tratta dei bambini, in particolare di paesi africani, che viene messo in evidenza anche in un film dal titolo “Il sole dentro”. Storie che raccontano di bambini usati e poi, se non ritenuti all’altezza delle aspettative, abbandonati in giro per l’Italia. Ci sono 17 regole nel calcio ma quella che andrebbe maggiormente usata è la diciottesima, il buon senso: serve meno burocrazia e maggiore attenzione all’interesse delle persone. Da sempre nel mondo facciamo guerre che non dovrebbero esistere: per i confini e per le religioni, per ragioni che sembrano importanti ma che non sono poi così importanti e che trovano la loro difesa nei sistemi burocratici.  Io penso che  la terra è di tutti e dovremmo essere più legati ai valori veri, ad aiutare i bambini a crescere in un mondo sano, senza alimentare violenza e pregiudizi”.

Al seminario hanno partecipato anche le scuole aretine ed è intervenuto l’insegnante del Liceo Artistico Agostino Fabbri ricordando l’impegno dei ragazzi, insieme al Comune e alla Fondazione Caponnetto, per  progetti di educazione alla legalità e alla cittadinanza. Ha commentato Fabbri: “la scuola è un contesto privilegiato per l’integrazione perché la conoscenza abbatte le barriere ed i pregiudizi. I ragazzi, più delle parole, hanno bisogno di modelli e di amministratori attenti e sensibili. E’ per questo che vogliamo consegnare all’assessore Magi una targa come riconoscimento alla passione e all’impegno concreto che sta portando avanti”. 

 

Le testimonianze

 

Omar Natami: “ho 14 anni, sono nato in Italia, frequento la prima superiore, gioco a calcio da 8 anni. Il problema è sempre stato il tesseramento: tutti gli anni devo portare i soliti documenti che agli altri non vengono richiesti. Devo saltare sempre 2 o 3 partite a inizio campionato perché non arriva in tempo il tesserino.

 

Daniela Conti e Atai Saravan, rispettivamente presidente e giocatore della ASD Liberi Nantes.

La storia della loro associazione è raccontata nel film “Black Stars” presentato fuori concorso al Festival di Roma 2012. La Liberi Nantes Associazione Sportiva Dilettantistica nasce nel 2007 per dare asilo attraverso lo sport, con la consapevolezza che si può accogliere chi ne ha bisogno anche su un campo di calcio, in una palestra o tra le corsie di una piscina, perché ritornare a giocare è, per certi versi, ritornare a vivere.

Il Liberi Nantes Football Club è una squadra di calcio interamente composta da giocatori vittime di migrazione forzata. È la prima squadra in Italia, a carattere permanente, che ha scelto di rappresentare il popolo dei rifugiati, dei richiedenti asilo - spesse volte vittime di torture e di violenze – e più in generale di tutti coloro che sono costretti a scappare dal proprio paese per sopravvivere.

 

Timothy Donato dell’Associazione “Nessuno fuorigioco”: racconta l’esperienza in collaborazione con il Comune di Torino di una scuola di calcio gratuita e particolare, composta principalmente da bambini rom. “il sospetto e il razzismo sono ovunque. Lo vedo quando cerchiamo di inserire bambini italiani nella squadra e le loro famiglie non li mandano. Ma io porto in giro per l’Italia la storia di questi bambini (20 rom e 2 italiani) che danno vita ad una squadra gioiosa, che perde tutte le partite ma ha tanti tifosi”.

                                                                                                                                                                   

Gli interventi

Franco Corradini, assessore alla coesione e sicurezza sociale del Comune di Reggio Emilia e coordinatore Network Città del Dialogo: “domani è la Giornata del Migrante  e vogliamo porre l’attenzione sui temi dell’immigrazione che non sono settoriali ma riguardano tutti noi e devono far cambiare il nostro modo di pensare e di vivere le città. L’ordinamento sulla cittadinanza è arretrato, abbiamo un deficit legislativo che dobbiamo superare con proposte concrete e messaggi chiari alla politica. La ‘contaminazione’ è già in atto, dobbiamo tutti insieme essere protagonisti di un cambiamento positivo”.  

 

Luca Pacini, delegato ANCI  all’Immigrazione: “ da 8 anni stiamo portando avanti riflessioni e strategie sul tema della partecipazione. Lo sport è uno strumento necessario per la crescita dei ragazzi italiani e stranieri, che sono i futuri cittadini. Sottoscriveremo a giorni un protocollo nazionale tra Anci e Coni mirato a facilitare l’accesso allo sport per i minori stranieri e lavoreremo con tutte le realtà territoriali per concretizzare queste attività”.

 

Alberto D'Alessandro, Ufficio del Consiglio d’Europa, istituito con il Trattato di Londra il 5 maggio 1949 e con sede a Strasburgo[1]: “lo sport ha una valenza fondamentale sul tema della cittadinanza europea e non può essere un diritto negato. Nel Consiglio d’Europa convivono paesi con fedi e religioni diverse e il nostro lavoro è basato proprio sul tema fondamentale dei diritti”.

 

Mauro Valeri, sociologo UNAR, ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica: “lo sport e la scuola sono strumenti fondamentali per l’integrazione e dobbiamo evitare che possano essere strumenti di discriminazione. In Italia ci sono aspetti giuridici che ne impediscono una reale realizzazione, ci sono assurdità che emergono tra le varie situazioni e ci sono anche frasi pericolose che talvolta vengono pronunciate anche da dirigenti sportivi. Del genere “perché devo far crescere nello sport un ragazzo straniero che poi a 18 anni può scegliere di giocare in una squadra del proprio paese?’. Pensiamo a quanto può essere pericoloso questo ragionamento se lo rapportassimo alla scuola”.

  

Nicola Saccon, Avvocato Progetto MeltingPot Europa nato nel 1996: Il progetto è nato come proposta di trasmissioni radiofoniche da/per/con i cittadini migranti ed ha assunto la fisionomia di un vero e proprio "servizio pubblico" verso i suoi utenti: i migranti, le amministrazioni e gli enti locali, gli operatori sociali e i cittadini interessati alle problematiche dell’integrazione.

Nicola Saccon ha parlato, con la sua competenza di giurista, di alcuni casi di discriminazione in ambito sportivo, ricordando infine che “ non è una questione di volontà ma di effetto della discriminazione”.

  

Andrea Sarubbi, deputato e primo firmatario della proposta  di legge trasversale sulla cittadinanza: “in Italia continuiamo a parlare di ‘seconde generazioni di immigrati mentre in America le persone provenienti da altri paesi sono la ‘prima generazione di americani’. Il concetto di cittadinanza non può andare di pari passo con la ‘convenienza’ ma con il senso di appartenenza. Vediamo tutti i giorni persone legate ad un paese perché vi sono nate e vediamo anche persone che vanno a giocare, magari a calcio, in un paese che non sentono il loro. E’ come nella scuola: la riforma Gelmini ha introdotto nelle classi una quota massima di bambini stranieri ma la discriminante non è la nazionalità ma la lingua. Queste norme non devono essere applicate per chi è in Italia da molti anni o vi è nato. Sono temi dai quali il prossimo Governo non può scappare: non serve essere buoni o cattivi, bisogna essere giusti”. 

 

Giorgio Cerbai, Presidente CONI Arezzo: “bene i protocolli firmati, l’importante è che non rimangano solo carta ma deve seguire un impegno concreto per realizzare gli impegni assunti. Il diritto allo sport è davvero garantito? Dal punto di vista normativo si, ma nella pratica meno. Molte norme sono disattese e le scuole, le società sportive di base hanno grandi difficoltà per garantire il diritto allo sport per tutti. Occorre riesaminare nella loro complessità tutte le problematiche legate a questi temi e soprattutto individuare poche cose ma concretamente realizzabili”. 

 

Carlo Balestri, referente Rete FARE (Football Against  Racism in Europe): “da 15 anni facciamo i ‘mondiali antirazzisti’, laboratori sportivi che coinvolgono migliaia di persone in tutto il mondo. Per fare sport con noi serve solo un documento di riconoscimento, sono importanti le persone non la loro nazionalità. Anche quest’anno abbiamo fatto 700 iniziative in Europa per combattere il razzismo e le discriminazioni, più di 30 quelle organizzate in Italia”.

 

Filippo Fossati, Presidente Nazionale UISP: “l’attività sportiva è espressione delle persone ed ha un alto valore sociale. Allo sport che oggi noi conosciamo dobbiamo chiedere segnali, anche simbolici importanti: il razzismo negli stadi deve essere combattuto in modo esemplare. Servono spazi per la pratica sportiva è il sostegno per le società sportive che stanno vivendo momenti di crisi. Sono il 65% i volontari che, senza riconoscimenti,  utilizzano il proprio tempo per portare avanti associazioni di base. Dobbiamo rimediare agli errori e valorizzare lo sport come momento di crescita per tutta la collettività”.

 



[1] Ne fanno parte 47 Stati e ha come finalità la tutela dei diritti umani fondamentali, il sostegno alla stabilità democratica, lo sviluppo dell’identità culturale europea, la ricerca di soluzioni a svariati problemi sociali (discriminazione delle minoranze, xenofobia, violenza nei confronti dei bambini). Nel 2011 è stata aperta una sede in Italia, con un ufficio a Venezia, di cui è direttore Alberto D’Alessandro. C’è un forte legame tra il Consiglio d’Europa ed il Network Italiano delle Città del Dialogo che è affiliato al Programma delle Città Interculturali del Consiglio d’Europa e dell’Unione Europea (Intercultural Cities).

Sabato, 1 Dicembre, 2012