Il Dipartimento di architettura dell’Università di Firenze ha concluso i rilievi, per i quali ha utilizzato anche un drone, sull’area archeologica del Pionta. E’ stata eseguita una campagna fotogrammetrica con volo a bassa quota consentito dagli UAV (droni dotati di camere fotografiche) e integrazione con laser scanner 3D terrestre
“E’ uno studio importante per la storia di Arezzo e per quella dell’architettura medievale – ha sottolineato stamani in Sala Rosa il professor Giorgio Verdiani. Questo è un luogo che ha molto da raccontare e sorprende che, nonostante gli eventi distruttivi che l’hanno caratterizzata, che siano rimaste le fondamenta”. Un’area che è oggetto continui di studi: ieri si è laureta una giovane aretina proprio con questo argomento.
Rilevazioni e valutazioni dello staff del professor Verdiani avranno tra poco una ribalta internazionale. Mauro Mariottini è il Presidente dell’ Associazione Culturale Academo ‘Roberta Pellegrini’ che sta sponsorizzando le attività in corso: “siamo ormai vicini alla conclusione della fase conclusiva dei rilevamenti. Poi ci sarà la fase degli scavi d’intesa con la Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana. Nel frattempo intendiamo valorizzare il Pionta anche dal punto di vista turistico: il primo appuntamento sarà con una mostra a Berlino”.
Il valore dell’attività dell’Associazione è stato particolarmente apprezzato da Serena Nocentini, direttrice per i Beni Culturali e Arte Sacra della Diocesi: “il Pionta è il cuore della cristianità degli aretini. Esprimo il ringraziamento dell’Arcivescovo per questo lavoro. Importante è il mecenatismo, come nel caso del dottor Mariottini, che prova a supplicare alla progressiva e grave carenza di risorse”.
Ringraziamenti sono stati espressi anche dall’assessore Franco Dringoli: “questa è un’area non sufficientemente valorizzata ma molto importante non solo per la storia ma anche per il futuro di Arezzo”.
Il colle del Pionta ospitò fino al 1203 l’episcopio con il duomo vecchio. In quell’anno, la cattedrale fu trasferita intra moenia a seguito di una bolla di papa Innocenzo III. L’antica sede vescovile era composta da due chiese cattedrali, la prima conosciuta con il titolo di Santa Maria e Santo Stefano, l’altra era il tempio di San Donato. Il sito fu definitivamente abbandonato nel 1561 quando il granduca Cosimo I ne ordinò la distruzione. A seguito di questa, il vescovo Usimbardi fece costruire nel 1610 una piccola chiesa dove si conservano i reperti ritrovati durante le varie campagne archeologiche che hanno messo in luce i resti proprio di Santa Maria e Santo Stefano, datata tra la fine del VII e la prima metà del secolo VIII.