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Gasperini: “la logica dei numeri, l’energia delle visioni politiche”

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Dichiarazione del vice Sindaco Stefano Gasperini

Nonostante alcune sottovalutazioni e molte semplificazioni, ritengo che il dibattito consiliare sul bilancio previsionale 2013 sia stato particolarmente interessante ed utile. Non voglio tornare sui singoli temi ma evidenziare quelli sui quali l’analisi è ancora insufficiente. Un limite che, se non superato, rischia di vanificare ogni concreta e positiva azione. 

Mi riferisco, ad esempio, all’assenza o all’inadeguata definizione del contesto nazionale, senza il quale appare possibile, in una sorta di gioco delle tre carte, spostare capitoli di bilancio da una parte all’altra per risolvere i problemi. 

Chi pensa che il Comune di Arezzo sia un’isola (ovviamente infelice secondo i sostenitori di questa tesi) dimentica alcuni elementi significativi. Ne cito solo alcuni. I Comuni italiani hanno subìto una diminuzione ulteriore delle risorse per 2 miliardi e 250 milioni di euro che equivale, per l’anno in corso, al 40% delle assegnazioni statali dell’anno 2012. Come hanno evidenziato in recenti documenti le associazioni dei Comuni - ANCI, Legautonomie – i bilanci non potranno assorbire un ulteriore taglio di tale entità senza mettere a rischio i servizi da sempre erogati ai cittadini e la stessa tenuta amministrativa. 

Domanda finale: qualcuno pensa ancora che il modello comunale dei “radiosi” anni settanta e ottanta possa sopravvivere? Domanda di riserva: qualcuno pensa che la crisi non sia strutturale e che quindi, passata la “nottata”, tutte le caselline tornino al loro posto?

La mia personale risposta ad entrambe le domande è ovviamente no.

Opinione rafforzata da una seconda considerazione che gli interventi consiliari dell’opposizione hanno sottovalutato. Nei comuni, nell’anno appena trascorso, si è registrata una diminuzione della spesa per i servizi sociali in senso stretto pari al 3,6% mentre è del 6,8% la diminuzione di risorse stanziate per il welfare allargato, cioè servizi sociali, istruzione, sport e tempo libero. In poche parole siamo tornati all’anno zero del welfare pubblico. Ecco perché noi crediamo che, invece che a tagli indiscriminati e rigore a senso unico si possa lavorare perché lo stesso welfare possa diventare fattore di sviluppo con al centro le persone e le loro condizioni. Ma per far questo è necessario acquisire una seconda consapevolezza. Come non potrà ritornare il modello degli enti locali degli anni settanta e ottanta, così non potrà conservarsi ancora a lungo il tradizionale sistema di stato sociale. La contraddizione tra l’aumento esponenziale della domanda, e penso in particolare alle opportunità/problematicità create dall’allungamento dell’età media e la contrazione dell’offerta determinata dalla progressiva carenza di risorse pubbliche non può essere gestita con accorgimenti contabili. 

Qualcuno pensa infatti di poter risolvere questa contraddizione spostando qualche centinaia di migliaia di euro da un capitolo all’altro del bilancio comunale? La risposta è si se scegliamo di autogratificare la nostra identità politica, la risposta è no se vogliamo risolvere i problemi.

E l’Amministrazione Fanfani i problemi li vuol risolvere. Per questo abbiamo dimostrato, con questo bilancio, grande attenzione alle emergenze. Ecco, quindi, le scelte prioritarie: garantire i servizi alla persona; puntare sul rinnovamento e la qualità degli stessi; investire in infrastrutture, soprattutto tecnologiche e promuovere occasioni e opportunità di investimento; ottimizzare, razionalizzare e innovare la macchina comunale per continuare a migliorare tempi, quantità e qualità delle risposte; non ricorrere alla leva impositiva, non frugare nelle tasche dei cittadini ma promuovere maggiore equità impositiva. 

Ma non ci fermiamo qui. Dai banchi dell’opposizione è venuta la critica dell’assenza di un “disegno di città”.  Cerchiamo di essere chiari: cos’è un “disegno di città”? Una serie di colorate pennellate politiche su un grigio quadro amministrativo?  Per noi no. E’ un percorso da costruire e da fare insieme alla città. Con fatica perché non ci sono risorse. Ma con ottimismo e coraggio perché la crisi ci costringe a creare ipotesi nuove. Intendiamo continuare a svolgere un’azione politica attraverso l’ANCI e i nostri parlamentari per invertire quel paradigma che ad oggi ha visto le autonomie locali protagoniste quasi esclusive della politiche di rigore della pubblica amministrazione. 

Non così per lo Stato centrale, cui chiediamo di concretizzare infine l’auspicata riforma delle autonomie locali. Non nascondiamo la testa sotto la sabbia e sappiamo che il cambiamento è necessario ed anzi lo invochiamo: occorre riflettere ed agire per la definizione di un nuovo modello di Ente Locale, rispondente alla società di oggi che è estremamente diversa da quella della fine del secolo scorso. Vanno ripensati i servizi, la loro essenza e la loro organizzazione. Vanno ripensati i modelli gestionali e di controllo in un quadro di evoluzione e riorganizzazione, anche interna, ove il parametro di riferimento sia rappresentato dall’interesse generale della comunità locale. 

Fondamentale è infine il principio della collaborazione territoriale: crediamo nella collaborazione tra livelli istituzionali, il sistema delle imprese che erogano i servizi pubblici, il sistema imprenditoriale, il variegato mondo dell’associazionismo e del volontariato.

 

Lunedì, 1 Luglio, 2013