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“Camaldoli settant’anni dopo”

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Il ‘Codice’ nel convegno del 14 febbraio nella sala dei Grandi della Provincia

Si terrà venerdì 14 febbraio alle ore 15.30, presso la Sala dei Grandi della Provincia il convegno Camaldoli settant’anni dopo, organizzato dal Centro di Studi Storici Economici e Sociali “Amintore Fanfani” di Arezzo per ricordare uno dei documenti di maggior rilievo per la storia del cattolicesimo politico e della stessa Repubblica italiana.

L’iniziativa è patrocinata dalla Regione Toscana, dalla Provincia e dal Comune di Arezzo.

Insieme all’assessore comunale Barbara Bennati hanno presentato l’iniziativa il Segretario Generale e il Segretario del Comitato Scientifico del Centro Studi “Amintore Fanfani” rispettivamente Franco Ciavattini e Omar Ottonelli. E’ intervenuto anche il Vice Presidente Acli, Stefano Mannelli.

“E' motivo di grande orgoglio per il Comune di Arezzo avere dato il patrocinio a questo convegno –  ha dichiarato l’assessore Barbara Bennati.  Pertanto vorrei ringraziare a nome e per conto di quest' amministrazione il Centro di Studi Storici Economici e Sociali “Amintore Fanfani” che, costituitosi nel 2006 ad Arezzo ha svolto, in occasione del centenario della nascita dello statista, un importante ruolo di animazione e coordinamento: con questa nuova iniziativa arricchisce e qualifica ulteriormente la propria offerta culturale. Il convegno ci riporta indietro nel tempo per riscoprire la forza e soprattutto, come indicato nel volantino di presentazione, la “fecondità” del cd Codice di Camaldoli che appunto 70 anni dopo ci fa riscoprire ed apprezzare il valore di una testimonianza storica fatta di passione civile, fiducia verso la comunità e coraggio. Valori e testimonianze di cui oggi più che mai la nostra comunità sociale e politica ha grande sete”.

Nel presentare il convegno Franco Ciavattini ha rilevato che “non si tratta solo di onorare una data, i 70 dall’elaborazione del Codice. Non vogliamo suscitare nostalgie del passato ma analizzare meglio il significato di quei valori e soprattutto riflettere sulla loro attualità grazie alla presenza di stimati relatori”.

Il programma della giornata prevede infatti i saluti del Sindaco di Arezzo Giuseppe Fanfani e del Presidente della Provincia Roberto Vasai coordinati da Nicola Graziani (decano dei giornalisti accreditati presso il Quirinale). Seguiranno poi gli interventi di Ugo De Siervo (Presidente Emerito della Corte Costituzionale), Piero Roggi (ordinario di Storia del pensiero economico all’Università di Firenze) e Flavia Piccoli Nardelli (membro della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati).

Il segretario del Comitato Scientifico del Centro Studi Omar Ottonelli si è soffermato sulla nascita del Codice: “elaborato da 40 giovani a Camaldoli nell’estate del 1943 e pubblicato in forma di codice nei primi mesi del ’44, questo documento rappresenta una sintesi dell’insegnamento consolidato della dottrina sociale della Chiesa. Un codice che traccia linee guida del riformismo cristiano sociale e che si richiama a valori che avrebbero inciso nell’economia e nella società del paese”.

Frutto delle riflessioni di un ampio schieramento di intellettuali cattolici, il Codice avrebbe infatti rappresentato un prezioso punto di riferimento per una vasta area del movimento politico, cristianamente ispirato, che collaborò alla ricostruzione postbellica del Paese.

L’evento si svolge in collaborazione con il Circolo “Verso l’Europa”, l’associazione “Libertà e Democrazia”, i Popolari per Arezzo, il Centro Studi “Percorsi e futuro” e le rappresentanze aretine di Acli, Azione Cattolica, CISL, Fuci, MCL ed UCID.

Ed è stato il Vice Presidente Stefano Mannelli a precisare le motivazioni dell’adesione Acli a questa iniziativa: “ anche noi veniamo da quella storia, Acli nasce proprio nell’estate del 1943 e raccoglie parti importanti della dottrina sociale della Chiesa. Negli studi di questo Codice e nella sua rilettura troviamo ancora oggi elementi fondanti  e contaminazioni significative per riappropriarci del bene comune”.

 

Presentazione   del Centro di Studi Storici Economici e Sociali “Amintore Fanfani” di Arezzo      

 Il Codice di Camaldoli, spesso citato dalla cronaca e dalla storiografia in relazione alle vicende politiche italiane degli anni tra la fine della guerra e la ripresa democratica, non è stato tuttavia adeguatamente analizzato e valutato in pieno nel suo significato.

 E’ quindi importante tornare a riflettere sul Codice, soprattutto per il contributo determinante da esso offerto ai costituenti in sede di elaborazione della costituzione repubblicana, ma anche per l’influenza che esso esercitò nei confronti degli uomini politici impegnati nella grande stagione delle riforme degli anni Cinquanta e Sessanta:

  • il Piano Fanfani INA-Casa;
  • la Cassa per il Mezzogiorno;
  • la Riforma Agraria;
  • gli interventi per le zone depresse del Centro-Nord;
  • la liberalizzazione degli scambi con l’estero;
  • la costituzione dell’ENI e dell’EFIN ed il riassetto dell’IRI;
  • le ampie riforme previdenziali;
  • il piano autostradale;
  • la nazionalizzazione delle fonti di energia.

 Un complesso di riforme imponenti, frutto di una fase storica di intensa “fioritura progettuale”, a sua volta riconducibile a matrici culturali e percorsi politici diversi tra loro, perché sperimentate in tempi ed ambienti diversi.

Un fenomeno complesso, dunque, in cui confluirono e interagirono da un lato le preoccupazioni dottrinali e pastorali della Chiesa, dall’altro le sensibilità e le attenzioni degli uomini politici cattolici di quel tempo, preoccupati per la situazione generale del paese uscito distrutto dalla guerra e, soprattutto, per le condizioni di vita dei cittadini, in particolare della classe contadina prima e operaia poi.

Riproporre oggi una lettura ed una valutazione del Codice a settant’anni dalla sua elaborazione non può essere soltanto un’operazione di interesse storiografico – come abbiamo scritto nella brochure di presentazione – né tantomeno la tentazione di indulgere ad un mito.

 Quello che a noi oggi interessa in modo particolare è l’esigenza di indagare ulteriormente sulla “ fecondità” del pensiero che animò il Codice in tutte le sue espressioni e sulla capacità che ebbero gli uomini politici di allora di tradurre le loro elaborazioni culturali e le loro tensioni ideali in scelte coraggiose, che concorsero alla rinascita del paese e successivamente alla esplosione di quello che fu  definito il “ miracolo economico”.

Molti oggi sostengono che proprio le vicende politiche dei nostri giorni, caratterizzate dalla ricerca, tardiva ma ostinata, di un nuovo modello legislativo per la rappresentanza parlamentare  (nelle forme probabili che sembra assumere ), costituisca in via definitiva  la fine dell’esperienza del cattolicesimo democratico e, quindi, un punto di non ritorno.

C’è del vero in questa affermazione, peraltro ormai largamente acquisita dalla comune consapevolezza, al di là del giudizio di merito che la storia si incaricherà di esprimere.

Ma il problema di oggi non è tanto  di immaginare anacronistici ritorni al passato, quanto piuttosto quello di recuperare una funzione di proposta e di stimolo che, dopo la fine dell’esperienza della Democrazia Cristiana, il mondo cattolico, anche nelle sue espressioni più vive, sembra aver smarrito.

Diciamolo con franchezza: oggi il mondo politico non ha bisogno di un partito cattolico, quanto piuttosto di una voce cristiana – e dunque anche cattolica – ,di una iniziativa politica alta che rechi il segno di quella ispirazione e che sterilizzi la marginalità se non addirittura l’irrilevanza alla quale sembriamo condannati, irrilevanza che è prima di tutto di opinione, di idee, di proposte, di approfondimenti significativi, di punti di vista forti, di effettiva volontà di mobilitazione e di cambiamento.

 “ Tornare a Camaldoli”, dunque, significa contribuire alla costruzione di una cultura civica che rafforzi un insieme di valori pubblici, che favorisca disposizioni d’animo collettive orientate al bene comune, che sorregga scelte, soprattutto di ordine economico, che favoriscano, come sostiene il Codice, “ la duplice legge della giustizia e della carità”.

 Sappiamo bene che questo è il terreno della pre-politica. Ma è proprio  in questo ambito che dobbiamo tornare ad operare affinché alla marginalità e alla debolezza del pensiero cattolico, e non solo, di questi anni subentri una nuova stagione che veda il magistero della Chiesa come fonte di orientamento nelle scelte, ma che interpelli ed investa la responsabilità dei credenti attraverso impegni e responsabilità che si muovano verso una duplice direzione: il valore assoluto della persona e quello dell’uguaglianza di tutti gli uomini.

 

Sabato, 1 Febbraio, 2014