È ormai nota la vicenda che vede il presidente Dindalini alla guida di Arezzo Casa da otto anni. Il sor Gilberto, orfano di qualsivoglia partito, è un battitore libero. Nessuna tessera, nessun padrone.
Ma non si può certo definire un amministratore trasversale. Nel silenzio più totale, un fatto molto grave e senza precedenti lo ha riguardato da vicino. Il bilancio di Arezzo Casa è stato in prima istanza respinto e in seconda approvato con un risicatissimo 50,56 % di voti favorevoli. Un vero e proprio scisma. È evidente che questa presidenza non sta più bene a tanti amministratori, che anche in questo modo hanno deciso di esprimere il loro dissenso. Da dove sono arrivati, quindi, i voti favorevoli? Dai sindaci del centrosinistra, in particolar modo da quelli del Pd.
Il Partito democratico aretino continua a prendere le distanze dalla famiglia Dindalini, poi ne piazza uno ai vertici di Tiemme e uno di Arezzo Casa. E porta avanti l’unica politica che sa fare, quella delle dinastie. Quella dei cognomi che si ripetono all’infinito. Una politica che, a quanto pare, non ripaga, viste le sconfitte ovunque in Italia. Perfino in Toscana, Umbria e Marche.
Se lo si chiede a loro, vi diranno che no, Gilberto Dindalini non è del Pd. Peccato che amministri con i loro voti, come il nipote. E a questo punto viene anche da pensare, a loro insaputa.
Che ognuno si prenda le proprie responsabilità. Gilberto Dindalini, è un dirigente del Partito democratico. Sta ad Arezzo Casa da otto anni per volontà del Partito democratico. Come abbia lavorato e come abbia amministrato l’edilizia residenziale pubblica in questa città è sotto gli occhi di tutti. Ai tanti sindaci e ai tanti Comuni che garantiscono il loro appoggio a questa dirigenza, chiedo una sola cosa: metteteci la faccia.