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Arezzo, città del signor Rossi, della signora Maria e del signor Andrea

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I nomi e i cognomi più diffusi

Nomen omen

 

In Italia esistono – cioè sono utilizzati e registrati – oltre 300 mila cognomi e circa 10 mila nomi propri. Alla straordinaria varietà autoctona si affianca, alimentandola, il contributo dei flussi migratori, progressivamente crescente negli ultimi decenni. In mancanza di dati più precisi ed attendibili, alcuni elementi appaiono certi: l’estrema varietà onomastica, eredità della tardiva e faticosa unificazione linguistica della penisola; la diffusione a macchia di leopardo (si stima che poco più di un centinaio di cognomi siano diffusi in modo significativo su tutto il territorio nazionale), la rarefazione di una buona parte dei nomi – e soprattutto dei cognomi – limitati a poche occorrenze (ripetizioni all’interno del campione territoriale). 

 

Secondo la tradizione storica italiana e l’ordinamento giuridico che essa ha originato per successive stratificazioni, il nome (o prenome) identifica la persona, il cognome l’appartenenza ad una famiglia (eredità del gentilizio romano).

 

L’uso del cognome è connesso alle pratiche censuarie dell’antichità. Nel corso del tempo ha identificato il luogo di origine, il patronimico, il nome del clan, il soprannome, una caratteristica fisica, il mestiere, lo stato sociale, l’origine familiare (matrilineare o patrilineare). Nel 1564 il Concilio di Trento ha introdotto in tutte le parrocchie l’obbligo del nome e del cognome per la tenuta del registro dei battezzati, primo nucleo dei moderni registri anagrafici della popolazione.

 

Cognomi e nomi nell’ordinamento italiano

 

A livello internazionale non esistono criteri uniformi, sia nell’uso del cognome che in quello del nome, perché la materia è regolata – in regime di sostanziale sovranità – dalle differenti legislazioni nazionali. Nell’ambito dell’Unione Europea, parallelamente al processo di progressiva integrazione economica, sociale e politica, è tuttavia aperto il dibattito sulle regole di trasmissione del cognome stabilite dalle diverse legislazioni nazionali e sui criteri per garantirne la non alterazione, in base ai principi della salvaguardia dei diritti della persona e della libertà di circolazione e di soggiorno.

 

In Italia il figlio assume il cognome del padre, anche se non esiste alcuna norma che lo preveda espressamente: si tratta di un controverso principio generale dell’ordinamento, rispetto al quale la Corte Costituzionale ha sollecitato un intervento del legislatore, mai portato a compimento. Regole più complesse disciplinano l’attribuzione del nome (rispetto del sesso, limite di tre elementi onomastici, divieto di utilizzo del nome del padre, fratello o sorella viventi, divieto di nomi ridicoli o vergognosi, uso dell’alfabeto esteso, ecc.).

La necessità di rispettare il sistema del diritto internazionale privato, che include cognome e nome tra i diritti della personalità, impone il rispetto, anche in Italia, della legislazione del Paese di origine dei cittadini stranieri. Di conseguenza, a tutto ciò che riguarda il nome del cittadino straniero (attribuzione, variazione, cambiamento) non deve essere applicata la legge italiana, ma la normativa dello Stato di appartenenza.    

 

Nonostante il principio della immodificabilità del nome, sancito dal codice civile, l’odierno ordinamento italiano di stato civile consente, in presenza di determinate circostanze, di variare sia il cognome che il nome. Il DPR 396/2000, che regola la materia, prevede:

  1. 1.    il cambiamento del nome o del cognome perché ridicolo o vergognoso o perché rivelatore dell’origine naturale;
  2. 2.    il cambiamento del nome o l’aggiunta di altro nome al proprio;
  3. 3.    il cambiamento del cognome o l’aggiunta di altro cognome al proprio.

 

I provvedimenti di variazione del nome o del cognome di cui ai punti 2 e 3 rivestono carattere eccezionale e sono consentiti in presenza di situazioni oggettivamente rilevanti, supportate da adeguata documentazione e da solide e significative motivazioni. Tutte le richieste devono essere presentate al Prefetto della provincia di nascita o di residenza che, al termine dell’istruttoria, emana un provvedimento definitivo, destinato ad essere trascritto ed annotato nei registri di stato civile. 

 

Inoltre, tutti i cittadini italiani ai quali è stato attribuito alla nascita – avvenuta prima del 30.3.2001 – un nome composto da più elementi, anche se separati tra loro, possono dichiarare all’ufficiale di stato civile del luogo di nascita l’esatta indicazione con cui gli elementi del proprio nome devono essere riportati. In altri termini, possono esercitare la facoltà – una sola volta ed in maniera irrevocabile –  di essere menzionati con il solo primo nome, ovvero con il primo ed il secondo (ed eventualmente il terzo) senza tuttavia alterare l’ordine originario dei vari elementi. Ma anche l’alterazione dell’ordine nei nomi composti è consentita quando la persona possa dimostrare in maniera documentata di essere stata identificata, precedentemente e per lungo tempo, con il nome variato.  

 

Scelta del cognome: una rivoluzione annunciata

 

Il 7 gennaio 2014 la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha stabilito con sentenza che la preclusione ai coniugi della possibilità di attribuire ai figli il solo cognome materno viola gli articoli 8 e 14 CEDU sul diritto al rispetto della vita privata e familiare e sul divieto di ogni forma di discriminazione.

Secondo la Corte la legislazione italiana, che consente unicamente la trasmissione del cognome paterno nonostante il desiderio di indicare solo quello materno, considerata la totale parità dei coniugi nello svolgimento della funzione genitoriale, comporta una inaccettabile discriminazione basata sul sesso, che viola il principio di uguaglianza tra uomo e donna e che non appare sanata neppure dalla possibilità di aggiungere al cognome paterno quello materno.

 

La sentenza ha riproposto all’attualità una vexata quaestio dell’ordinamento italiano in materia, nel quale residua un retaggio della potestà patriarcale nonostante la riforma del diritto di famiglia del 1975. Ne dà ulteriore dimostrazione l’art. 143 bis del codice civile – peraltro disapplicato – secondo il quale “la moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e  lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze”.

In materia di scelta del cognome la Corte di Cassazione era già intervenuta ripetutamente (nel 2006 e nel 2008), sottolineando il contrasto tra la legislazione italiana e la Carta dei diritti UE. Dal 2012, nel quadro di una operazione di semplificazione e di passaggio delle competenze dal Ministero dell’Interno alle Prefetture,  era divenuta più facile l’aggiunta del cognome materno a quello paterno, ma non la libera scelta tra i due. Nel corso degli anni i molti progetti di legge presentati al Parlamento non erano mai giunti ad un approdo finale.

 

A seguito della sentenza della Corte di Strasburgo il Consiglio dei Ministri ha varato un disegno di legge di modifica dell’art. 143 bis del codice civile, che accoglie in pieno i rilievi formulati dalla Corte prevedendo la possibilità per il figlio di assumere “il cognome del padre o, in caso di accordo tra i genitori risultante dalla dichiarazione di nascita, quello della madre o quello di entrambi i genitori”.

 

I nomi degli aretini. Qualche dato statistico

 

Nella tavole che seguono sono riportati, in ordine alfabetico e di occorrenza (cioè di ricorrenza), i cognomi, i nomi femminili ed i nomi maschili presenti nella popolazione residente aretina alla data di gennaio 2014, analizzata sia nella sua interezza, sia nella sua componente di cittadinanza non italiana (appartenente a Paesi dell’area comunitaria o a Paesi terzi).

Per ragioni di economia, per agevolare la consultazione e per rispetto della normativa sul trattamento dei dati personali, gli elenchi riportati di seguito sono troncati ad un numero di minimo di occorrenze: 20 per i cognomi dell’intera popolazione; 5 per i cognomi stranieri; 10 o 5, a seconda della loro numerosità,  per i nomi.

 

Nella popolazione residente nel Comune di Arezzo sono presenti, complessivamente, 15.851 diversi cognomi, oscillanti tra gli estremi di una sola e di 1.389 occorrenze. Il fatto che solo 8.548 cognomi raggiungano o superino due occorrenze evidenzia tuttavia, assieme al livello raggiunto dal fenomeno della globalizzazione, l’effetto inflattivo creato dalla variabilità nella struttura dei cognomi (numero delle parole, presenza del patronimico, del matronimico o del nome di altri ascendenti, utilizzo della casta, trasformazione di un nome proprio in cognome) e dalle regole di traslitterazione di molti nominativi stranieri. Si pensi, a mero titolo di esempio, che il nome del Profeta, utilizzato sia come cognome che come nome in molti Paesi di cultura islamica, risulta declinato nella popolazione straniera residente ad Arezzo in 13 diverse versioni, talune delle quali differenti per un solo carattere.

 

In termini di frequenza, il cognome Rossi è il più diffuso, come in gran parte d’Italia (1.389 occorrenze), seguito a forte distanza da altri 20 over 250: Peruzzi (525), Gallorini (481), Severi (423), Caneschi (370), Nocentini (352), Barbagli (344), Donati (328), Tavanti (306), Mori (299), Dragoni (286), Gori (282), Mazzi (277), Moretti (273), Bianchini (272), Bianchi (271), Casini (269), Innocenti (254), Neri (254), Giusti (253), Capacci (251).

Segnano punti miliari nella graduatoria discendente Magi (209 occorrenze), Burroni (151),  Nucci, Guiducci e Bacci (100), nonché Mangani, Fusai, Cacchiani, Bonarini, Galoppi, Mazzierli, Cincinelli, Vestri e Vichi (50 occorrenze ciascuno). Occorre scendere al punto 100 nella graduatoria delle occorrenze per rinvenire il primo cognome straniero: Hossain, con 111 occorrenze, seguito a poca distanza da Islam (88 occorrenze), Akter (71), Ahmed (65), Alam (55).

 

Prendendo in considerazione la sola popolazione straniera si riscontrano 4.832 cognomi, solo 1.828 dei quali raggiungono le 2 occorrenze. Dal punto di vista della frequenza, all’apice della graduatoria i cognomi più frequenti rivelano una provenienza dal subcontinente  asiatico (Bangladesh, India, Pakistan) e dalla Cina: Hossain (100 ricorrenze), Islam (78), Akter (67), Ahmed (52), Alam (50), Singh (43), Miah (43), Barua (42), Khan (41), Chen (37), Muhammad (36). 

Non tragga in inganno la lieve asimmetria tra le occorrenze dei cognomi di origine straniera presenti nei due elenchi (popolazione residente e popolazione straniera residente): la ragione deriva dal fatto che per “popolazione straniera residente” si intende non l’origine etnica, ma il possesso attuale di una cittadinanza diversa da quella italiana. 

 

Su 6.889 nomi femminili registrati nella popolazione residente, solo 1.648 raggiungono le 2 occorrenze.  Tra i più diffusi Maria (1.181 occorrenze), Francesca (877), Laura (799), Anna (765), Paola (726), Elena (716), Silvia (698), Giulia (682), Sara ( 669), Anna Maria (578), Chiara (572), Daniela (535), Elisa (523).

Tra i nomi femminili stranieri si segnalano Elena (99 ricorrenze), Maria (94), Mihaela (49), Mariana (47), Daniela (44), Nicoleta (30), Ana Maria (28), Gabriela (28), Rodica (27), Ana (25), Cristina (25), Valentina (25), Georgeta (24), Mioara (24), Viorica (24).

 

Grande varietà anche tra i nomi maschili della popolazione residente, che raggiungono la cifra di 6.012, ma solo 1.376 raggiungono le 2 occorrenze. Tra i più diffusi Andrea (1.392 occorrenze), Francesco (1.352), Marco (1.250), Alessandro (1.177), Luca (1.012), Roberto (941), Stefano (862), Paolo (862), Giuseppe (840), Lorenzo (782), Mario (758), Giovanni (743), Massimo (625).

Tra i nomi maschili stranieri si segnalano Muhammad (50 occorrenze), Gheorghe (39), Marian (36), Adrian (34), Ionel (34), Ion (33), Mohamed (29), Constantin (26), Florin (25), Vasile (25), Costel (20), Nicolae (19), Ionut (19), Mohammad (18), Mohammed (18).

Mercoledì, 1 Gennaio, 2014