Il gruppo consiliare Scelgo Arezzo ha illustrato i dati tratti da un’analisi sulle partecipate “visto che da alcuni mesi - ha sottolineato il capogruppo Marco Donati - abbiamo voluto fare un ragionamento molto concreto sull’intero sistema, anche per arrivare a un nuovo modello di gestione. Ringrazio chi ha collaborato con me a questo report, Riccardo Panfoli e Stefano Mannelli. Se guardiamo a un bilancio allargato tra Comune e partecipate, possiamo constatare un volume consistente di fatturato che tocca la quota di 450 milioni di euro. Nello specifico, Atam si regge su pilastri quali i parcheggi Eden ed ex Cadorna. Se le persone non lasciassero più l’auto qui, per la nascita ad esempio di un nuovo parcheggio funzionale in pieno centro, l’azienda potrebbe entrare in crisi. Luci e ombre contraddistinguono invece i multipiano, il Baldaccio sta migliorando, il Mecenate non esprime al meglio la sua potenzialità. Le scale mobili andrebbero ribattezzate ‘immobili’ e in ogni caso costano 200.000 euro all’anno di manutenzione mentre ci sono asset come bike e car sharing che sono in perdita e lo saranno sempre se non investiamo forte in questi servizi. Ci sta anche che in una città piccola questi possano stentare in termini di redditività ma a un certo punto s’imporrà la scelta per Atam, se debba gestire parcheggi od occuparsi di mobilità sostenibile.
Multiservizi ha una gestione oggettivamente complessa, con costi fissi come quello del personale o delle materie prime che la fanno scivolare sul crinale della perdita. Un asset interessante è quello dei pannelli solari che calmierano il costo dell’energia, sarebbe utile capire se la società in house possa implementarlo o se sia replicabile per altre aziende. Nella nostra visione c’è una Multiservizi che amplia il suo orizzonte di gestione ai cimiteri di altri Comuni tramite specifici accordi.
Aisa impianti ha due linee, una che fa la selezione dell’indifferenziato e una di compostaggio di organico e legno, per il quale non esistono i bidoni specifici ad Arezzo come in altre realtà dell’Ato Toscana sud. L’azienda cresce costantemente in dimensione ma continua a generare utili poco significativi, per cui sarebbe interessante analizzare il processo produttivo: Aisa, ad esempio, tratta e non vende energia, visto che una quota importante della stessa serve per tenere attivo il suo biodigestore. Poi c’è il problema della tracciabilità: fino al 2017 i rifiuti venivano tracciati e tenevano in piedi un sistema di compensazione di cui beneficiava il Comune di Arezzo. Dal 2018 non c’è più ma andrebbe ripristinato. Dopo di che, in termini generali, andrebbe capito quanti rifiuti entrano a San Zeno e quanti rifiuti escono, visto che storicamente un terzo degli stessi, una volta entrati, sono poi finiti in discarica.
La Fondazione Guido d’Arezzo vive eccessivamente di contributi pubblici, è uno strumento in cui solo il 10% delle entrate ha origine privata. Non ha senso costituirne se questa quota non arriva al 40%. Altrimenti basterebbe un classico assessorato.
Immaginiamo un’armonizzazione completa dell’intero sistema, oggi concepito come tanti ‘silos’ isolati, e renderlo integrato. I dati strutturali non dissimili tra i vari soggetti e realtà ci dicono che è possibile e così avremo un Comune realmente socio-attivo”.