Descrizione
“Con questo mio contributo voglio condividere quello che giorni fa fu l’appello delle ex dipendenti della
Lebole, le famose ‘Leboline’, vale a dire quelle donne che tanto hanno contribuito alla trasformazione
di questa città e di questo territorio dando il loro contributo manifatturiero nel processo di
industrializzazione. Circa seimila dipendenti negli anni Sessanta lavoravano nel complesso industriale
dei fratelli Lebole, a cui questa città deve essere eternamente riconoscente. I fratelli Lebole hanno
consentito a tante famiglie di Arezzo e provincia di elevare la qualità della vita, consentendo di poter
far studiare i figli, creando aspettative e progetti di futuro, attivando un motore economico che si è
trasformato in benessere diffuso.
Dico tutto questo perché sono felicissimo che Bertelli abbia riscattato questo patrimonio, che per
noi aretini rappresenta l’origine dello sviluppo industriale di questa città e di questo territorio,
scongiurando la possibilità che anche questo luogo fosse catturato da un’economia predatoria. Sarei
estremamente gratificato se la lettura progettuale, sia come progetto edilizio che urbanistico, non si
soffermasse alla mera valutazione delle potenzialità edificatorie: vorrei che questo luogo mantenesse
nella sua struttura una sua memoria, un tratto che riesca a coniugare le origini del nostro processo
industriale con uno spazio dedicato alla ‘LeboIe’ quasi come fosse un monumento dinamico a cui le
generazioni future debbano guardare. Un’area, cioè, in cui associare progetti industriali e ambienti
formativi, un fiore all’occhiello per chi guarda ad Arezzo come città dello sviluppo. Il tutto,
rappresentato anche con architetture di avanguardia che si integrino con le vecchie strutture, dove le
nuove generazioni andranno a contribuire per lo sviluppo di questo territorio. Si creerà una cerniera
culturale dove passato e futuro si coniugano per esaltare l’operosità, la manualità e la professionalità di
queste persone che, seppur definite da Dante ‘botoli ringhiosi’, tanto estro e genio serbano nel loro
Dna: viene spontanea, a proposito, la frase ‘Bertelli docet’.
Quindi un grazie a questo imprenditore che comunque non ha mai dimenticato, che ha
sistematicamente salvato dalle trasformazioni o dall’abbandono luoghi che per lui, come per molti
della mia generazione, rimangono come diceva Fellini i luoghi della memoria, un ‘Amarcord’ che
non è semplicemente un insieme di ricordi di fatti e persone ma un vero e proprio contenitore di
emozioni”.